giovedì 6 ottobre 2011

DOWNSHIFTING - CAPIRE QUANDO




In uno dei miei viaggi sulle onde della rete, seguendo il vento alla ricerca di sintonia con la mia nuova realtà sono approdata ad un arcipelago estremamente interessante. Il suo nome è Downshifting, che tradotto significa “Scala la marcia”.

Negli ultimi tre anni la mia vita è stata caratterizzata da eventi che mi hanno costretta a modificare radicalmente quasi tutto.

E guardate un po': ho scoperto di essere in pieno Downshifting.

Leggendo i post dei vari blog amici (chissà se mi concederanno questo termine, lo spero perché io già li sento così )che trattano l'argomento, il loro sentire in merito, le difficoltà nel mettere in atto questo cambiamento, mi ha particolarmente colpito il post dal titolo “il Minimalismo è roba da ricchi?” che potete trovare qui. http://www.landroideminimalista.com/2011/03/il-minimalismo-e-roba-da-ricchi.html.

Cercando di capire il concetto che contraddistingue questa, che chiamerei, corrente di pensiero, mi sono fatta la stessa domanda.
Ora non ho potuto fare a meno di considerare quale possa essere la differenza fra coloro che scelgono di fare downshifting e chi suo malgrado ci si ritrova, avendolo magari pensato, ma non certo scelto.

Questa “filosofia” sembra basarsi sul rinunciare al superfluo. Ebbene come giustamente dice Elisa :
Per eliminare, devi prima avere.
Sarà forse scontato, ma per decidere di eliminare prima devi possedere. Chi si trova a dover affrontare spesso il desiderio di comprare qualcosa e doverlo frenare perchè non ne ha la possibilità, non si sognerà mai di scegliere il minimalismo. Magari vivrà con poco, ma lo farà desiderando di avere di più.
Chi non è certo di poter comprare ciò di cui avrà bisogno in futuro, ci pensa due volte prima di liberarsi di qualcosa... non si sa mai!”

Nella mia esperienza, posso dire che fino a quando ho vissuto una condizione di relativo benessere economico e professionale, non ho passato giorno in cui non mi sia posta la seguente domanda : “perchè sento comunque questo vuoto dentro di me? Eppure ho tutto ciò di cui ho bisogno e molto di più....eppure...”
I ritmi erano insostenibili a volte e la sensazione di correre spesso senza una reale direzione ( soprattutto non la mia )ad una velocità che definirei “sopra le righe”, mi conduceva a percepire la pressione come qualcosa da cui voler solo scappare, ma a cui contemporaneamente sembrava impossibile potersi sottrarre.
Allora mi chiedevo come avrei potuto trasformare quella corsa verso un potenziale autostruggimento, come avrei potuto recuperare il mio tempo, la mia vita, la mia gioia di vivere che si era persa chissà dove, travestita da pseudo gratificazioni ovviamente fittizie date dal raggiungimento di obiettivi non miei.

Poi improvvisamente ( metaforicamente parlando ) tutto è crollato. Niente più lavoro, niente più progetti, niente più soldi, banche assetate di sangue, sudori freddi, impossibilità a provvedere al minimo indispensabile.
In un primo momento il colpo è stato davvero duro.
Ho trovato un lavoro attraverso un amico con orari impossibili e qualche soddisfazione, che però è finito dopo sei mesi e all'improvviso il vuoto.
Fortunatamente era l'inizio dell'estate e vivendo nella mia città di mare, sapendo vedere il bicchiere mezzo pieno, potevo sfruttare l'effetto stagione estiva per risolvere il problema lavorativo. Eppure ho sentito il bisogno di fermarmi. Questa volta sul serio. Per un po' almeno. Un mese, mi dissi, per capire quale fosse la vera direzione, la Mia direzione.
I mesi sono diventati 3, poi 4 , per finire all'autunno in cui ho dovuto smettere di pensare a direzioni e meditazioni varie per necessità immediate e ho trovato un lavoretto part time il mattino nel settore immobiliare che ovviamente non basta neanche per pagare l'affitto della mia “cuccia” ( che peraltro sto cercando di mantenere per una questione di mia sopravvivenza emotiva soprattutto). Ho continuato a cercare situazioni lavorative che mi permettessero una maggiore serenità economica, ma sembra che tutto remi contro da lungo tempo...chissà perchè ! :-) :-) :-)
Sono due anni quasi che la situazione non mi permette di fare shopping nel senso tradizionale del termine ( non passeggio quasi mai ove ci sono vetrine, sarebbe una inutile sofferenza ), che non esco per andare a concerti o eventi culturali che mi richiedano uno sforzo economico ( non ho nessun margine per poterlo neanche pensare e questa è forse la cosa che mi fa soffrire di più), ogni volta che si rompe qualcosa ( in casa, l'automobile, un elettrodomestico per esempio) è una piccola tragedia, dato che ricomprare non è possibile, tanto quanto spesso è difficile provvedere anche solo alla semplice riparazione. Niente più possibilità di dedicarsi alle cure della propria persona ( o almeno a quelle che richiedono un pagamento).

Insomma : possiamo definire tutto questo downshifting?
Ora ho sicuramente più tempo per me, per scrivere, per pensare, per riordinare ( cosa che peraltro adoro fare ), per osservare come la maggior parte di ciò che prima sembrava, non direi indispensabile, ma piacevolissimevolmente utile, si sia potuto rivelare nella maggior parte dei casi perfettamente inutile o evitabile, di certo non fondamentale. Quindi diciamo che nell'insieme tutta questa mia situazione, che esiste nella mia vita, non per mia “scelta”, ma per eventi esterni, mi abbia donato nell'insieme sia il suo lato negativo (il vivere l'alienazione di non poter provvedere alla minima personale sussistenza) e quello positivo ( imparare ad apprezzare la sostanza delle cose, modificando di conseguenza le mie priorità e la mia capacità di godere della semplicità della sostanza stessa).

Ma Downshifting, Scalare la cosiddetta Marcia vale anche quando la marcia viene scalata a forza?

Devo rifletterci ancora....qualcosa ancora non mi è chiaro.
Lo farò mentre penso a come riuscire a pagare l'assicurazione della macchina che mi scade a giorni. :-) :-) :-)

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