venerdì 18 febbraio 2011

GLI INDIFFERENTI




GLI INDIFFERENTI
"CITTA' FUTURA" 1917
ANTONIO GRAMSCI


"Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani” . Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.
L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferent
i."





In questo periodo mi sembra di cogliere quanto, tanti, al di là del loro colore e del loro Credo politico, abbiano in passato pronunciato sagge parole su cui tutti dovremmo tornare o cominciare a riflettere...
Quello sopra riportato è il brano che hanno recitato ieri sera nella puntata di Sanremo dedicata all'Unità d'Italia, Luca  Bizzarri e Paolo Kessisoglu.
Lo riporto perché trovo siano parole di un buon senso quasi imbarazzante.
Così come mi ha tenuta incollata allo schermo l'intervento di Roberto Benigni con la sua Esegesi dell'Inno di Mameli....
Non so se anche voi riuscite a percepire la vibrazione che permea l'aria in questo periodo...cambiamenti...devono avvenire grandi cambiamenti...se solo tutti fossimo veramente uniti per un fronte comune...uniti nella nostra diversità, nelle nostre differenze e peculiarità...uniti negli intenti...abbiamo bisogno di una Nuova Coscienza Collettiva. 
Ervin Laszlo, che ho avuto il piacere di intervistare, qualche tempo fa parlava proprio di questo. L'unica chance per non permettere che l'autodistruzione del pianeta e del genere umano si verifichi così in fretta. ma quando parli di questo le persone ti guardano come se fossi una visionaria, una pazza fanatica malata di Fine del mondo. E questo accade semplicemente perché la maggior parte di noi non vuole sentire, preferisce non sapere, non pensare...altrimenti quando tutto diverrà irreparabile come potrà dire : " se avessi saputo forse avrei potuto fare qualcosa". 
Nessuno è obbligato ad informarci di ciò che accade.
E' la nostra coscienza di Esseri Umani che dovrebbe spingerci a cercare sempre di capire come vanno le cose. Per questo bisogna informarsi, farsi domande, confrontarsi per trovare risposte, scontrarsi se necessario. Ma mai fermarsi e abbandonarsi al'indifferenza.
L'indifferenza uccide qualsiasi cosa. Annulla. Distrugge.


Le parole di Gramsci in questo caso esprimono il loro valore Universale.
Niente colore. Niente partito. Niente politica. 
Solo semplice utile indispensabile BUON SENSO.


Passo e chiudo.

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