Trovo interessante l'impostazione di questo Format.
Si reca in ristoranti che versano in cattive condizioni o per mancanza di clienti e per difficoltà con il personale o per cattiva gestione.
Il suo compito è analizzare la situazione e consigliare i cambiamenti utili al raggiungimento di un successo che in quel momento sembra impossibile da prevedere.
La puntata che ho potuto seguire stasera, mi ha colpita in particolar modo.
I suoi metodi sono discutibili, aggressivi, invasivi, spesso sopra le righe e difficilmente accettabili e forse non condivisibili, ma risultano sicuramente efficaci.
Spesso si ritrova ad avere a che fare con ristoratori improvvisati, a volte con ristoratori di vecchia data, poco disposti a modificare la loro visione.
Questo mi fa riflettere sulla nostra incapacità di accettare il cambiamento, anche davanti all'evidenza di quanto sia indispensabile, sulla nostra presunzione di sapere come far andare le cose, anche davanti alla prova che il nostro metodo non funziona, su quanto le nostre convinzioni ci impediscano di vedere al di là del nostro naso, su quanto il nostro orgoglio troppo spesso ci condizioni a tal punto da non consentirci di vedere i nostri errori.
Spesso quando qualcosa non funziona, troviamo la forza di chiedere aiuto, ma in cuor nostro, quanto siamo veramente disposti ad accettare ciò che la nostra richiesta metterà in moto?
Quando chiediamo aiuto, coloro che vengono interpellati per metterci nelle condizioni di superare i nostri momenti di empasse, assumono il ruolo impietoso e difficile di osservare il nostro operato ed evidenziarne soprattutto i difetti, le mancanze, i punti deboli.
Nel momento in cui qualcuno dall'esterno arriva al nocciolo della questione ci troviamo davanti al momento più difficile da affrontare: ascoltare le osservazioni, accettarle e decidere di muoversi per effettuare i cambiamenti necessari.
La nostra presunzione a volte supera ogni limite e ci offusca a tal punto da non renderci conto che la direzione che abbiamo preso ci porterà fuori strada ( se già non è accaduto ).
La nostra paura di sentirci sbagliati, falliti, incapaci, non all'altezza ci impedisce di accettare l'evidenza dei fatti e ci conduce a perpetuare ostinatamente i nostri errori spesso fino all'autodistruzione.
Ma chiediamoci perché è così difficile primo accettare di non essere sulla giusta strada, e secondo decidere di cambiarla .
Per quel che mi riguarda, posso dire che riuscire a vedere i propri limiti prima e accettarli poi, è la cosa più difficile che ci possa capitare di dover affrontare, perché significa possedere la capacità di mettersi in discussione e abbandonare presunzioni e paure.
Eh si! Perché in realtà , la difficoltà nell'affrontare un reale cambiamento, che sia minimo o radicale, proviene dalla paura di abbandonare percorsi già conosciuti che, per quanto inefficaci, proprio perché conosciuti, ci appaiono apparentemente più sicuri.
Perché abbiamo talmente tanta paura di ciò che non conosciamo, che preferiamo restare nella certezza di una condizione che sappiamo non essere la migliore, piuttosto che avventurarci su un percorso nuovo e sconosciuto , ma che potrebbe rivelarsi, con nostro grande stupore, il migliore della nostra vita.
Qualcuno un giorno mi disse : “Perché hai paura di ciò che non conosci? Prima di temerlo abbi il coraggio di conoscere l'ignoto e potrai scoprire che dietro ad esso potrebbe nascondersi la felicità.”
Troppo spesso preferiamo restare all'interno della sofferenza, proprio perché conoscendola crediamo di poterla gestire e controllare in qualche modo.
In realtà finiamo con l'essere talmente abituati a permanere nella sofferenza che non capiamo che la cosa di cui abbiamo più paura è la possibilità di essere felici.
In realtà finiamo con l'essere talmente abituati a permanere nella sofferenza che non capiamo che la cosa di cui abbiamo più paura è la possibilità di essere felici.
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